Aumenta il rischio di frane e alluvioni

Legambiente: il cemento invade i corsi d'acqua, ritardi nella prevenzione
ROMA - Il cemento che invade i corsi d'acqua, il ritardo nella prevenzione ed i mutamenti climatici espongono l'Italia ad un crescente pericolo di frane e alluvioni.
Pessimo il lavoro di mitigazione di possibili danni da parte di Abruzzo, Basilicata e Calabria, mentre il 100% del territorio dei comuni di Valle d'Aosta, Umbria e Calabria rischia di cedere e di allagarsi. L'indagine di Legambiente e del Dipartimento della Protezione Civile rivela che l'80% dei mille centri già a rischio idrogeologico ha abitazioni, interi quartieri ed anche fabbricati industriali minacciate da frane e alluvioni. Il 39% delle amministrazioni locali non svolge alcuna attività di manutenzione dei corsi d'acqua, solo l'11% dei comuni sta delocalizzando le case più a rischio ed appena il 6% si sta occupando di spostare gli insediamenti industriali.
A fare il punto sull'emergenza smottamenti e allagamenti è il volume "Ecosistema Rischio", realizzato dall'Associazione ambientalista e dalla Protezione Civile grazie ai dati raccolti da "Operazione Fiumi 2007", che ha monitorato gli interventi di prevenzione di oltre 1000 comuni, riconosciuti a rischio (nel 2003) dal Ministero dell'Ambiente e dall'Upi (Unione province d'Italia).
Secondo l'indagine, le cittadine italiane più esposte al dissesto idrogeologico sono 5.581, pari al 70%, di cui 1.700 in pericolo di sfaldamento, 1.285 di inondazione e 2.596 di entrambi.
Calabria, Umbria e Valle d'Aosta sono e regioni con la più alta percentuale di comuni classificati a rischio (il cento per cento del totale), subito seguite Marche (99%), Toscana (98%) e Lazio (97%). No sono da sottovalutare però, le situazioni di regioni come Sardegna e Puglia, dove si registrano percentuali di pericolo tra le più basse d'Italia (rispettivamente 11 e 19%), ma dove le frane e le alluvioni degli ultimi anni hanno provocato danni piuttosto ingenti.
In proposito, la ricerca evidenzia che nel decennio 1991-2001, il nostro Paese è stato colpito da circa 13 mila eventi legati al dissesto idrogeologico, 12 mila frane e oltre mille piene.
Ad oggi, il lavoro di prevenzione dei danni è ancora insufficiente per il 71% delle amministrazioni locali, mentre il 39% non ha fatto niente per la messa in sicurezza del territorio.
Nel centro-nord si concentrano le "maglie rosa" assegnate ai comuni più meritori per le attività di sicurezza dei fiumi.
Svetta per il secondo anno consecutivo nella classifica dei migliori, il comune di Santa Croce sull'Arno (Pisa), seguito da Palazzolo sull'Oglio (Brescia) per il terzo anno tra i comuni più meritori a pari merito con una new entry, Finale Emilia (Modena). Le "Maglie nere" invece, sono tutte nel centro sud. Non hanno intrapreso alcuna azione preventiva i comuni di Tursi (Matera), San Biagio Saracinisco (Frosinone), Scarnafigi (Cuneo), Castel Volturno (Caserta), Sutera (Caltanissetta), Noto (Siracusa).
Tra i capoluoghi di regione, Genova si distingue per aver avviato interventi di delocalizzazione, effettuato una costante manutenzione degli alvei e delle opere di difesa idraulica e per aver organizzato attività informative rivolte ai cittadini. Seguono la città ligure con un buono come voto anche Udine, Firenze e Perugia. Fanalino di coda è L'Aquila che, nonostante abbia delle strutture in aree a rischio, non si è dotata di alcun piano di prevenzione. Su base regionale la percentuale di comuni più impegnati contro il rischio idrogeologico è in Umbria (41%), al contrario di Abruzzo, Calabria e Basilicata, dove il 92% delle amministrazioni svolge un lavoro decisamente negativo.
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