Partenza allegra, ritorno col groppo.

Una gita diversa

Data: 19/02/2014

Autore: Mario Ferrari 

Domenica 10 novembre è il giorno di una gita “speciale”: si va al Vajont.

I più ricordano che esattamente cinquant’anni fa ci fu un disastro: si staccò una frana dal monte verso il bacino idrico.

 “Un sasso cadde in un bicchiere e l’acqua che ne usci bagnò la tovaglia”.

Questo troverete scritto sulla targa commemorativa alla diga e questo è anche l’inizio del monologo di Marco Paolini sul Vajont, “solo che la tovaglia in realtà erano gli abitanti dei paesi della vallata e il sasso poteva cadere in un bicchiere vuoto senza fare disastri, senza uccidere 2000 persone, anzi - quasi certamente - non sarebbe mai caduto!”.

Queste in sostanza sono le parole di Italo Filippin, la guida che ci ha accompagnato e descritto la tragedia di una comunità intera sacrificata da poche persone che - per interesse personale - misero comunque in funzione un bacino idrico per produrre energia elettrica, pur sapendo di una frana in atto sopra il monte Toc.

La nostra gita diventa un viaggio nella memoria di una comunità intera.

Italo ci “abbraccia” letteralmente con parole di riconoscenza e la visita inizia ad avere una valenza altamente solidale: non è una gita spensierata tra amici, è la presa di coscienza di un’ingiustizia subita da queste persone.

La nostra presenza qui significa che non vogliamo dimenticare ciò che avvenne: solo così onoreremo il ricordo di quei bambini, donne e uomini che vennero investiti dalla furia dell’acqua.

La conferma di queste emozioni viene dal Sindaco di Erto che ci riceve prima della visita al “Museo della tragedia del Vajont”, ringraziandoci ed invitandoci ad un gemellaggio di protezione civile: un onore per noi! Il rientro verso casa è per tutti un momento di rabbia e riflessione... i pensieri tornano a quelle persone che ancora attendono giustizia! Permettetemi un consiglio: se non l’avete ancora fatto, andate a fare visita alla diga del Vajont.

Questo contenuto è stata visualizzata 1094 volte