Comunicare: le immagini parlano

Quando scattiamo una foto, raccontiamo sempre qualcosa; non solo perché il racconto è diretta conseguenza dell'etimologia greca della parola "fotografia" (scrittura della/con la luce), ma perché la foto, essendo statica, favorisce in chi la guarda un maggior tempo di riflessione su quanto è riprodotto, una lettura più approfondita delle sue singole parti ed infine la percezione di una maggiore quantità di sensazioni.
Se dunque la foto ha una sua capacità comunicativa superiore addirittura alla stessa parola, diventa quanto mai importante la necessità di fare una "bella foto", bella non soltanto dal punto di vista strettamente tecnico, ma anche da quello narrativo.

Noi viviamo in un mondo totalmente circondato da immagini che ci bombardano raccontandoci tutto con grande immediatezza. Ogni scatto, ogni immagine, non sono "neutrali" ma sempre espressione del racconto di una realtà, da noi percepita e vista attraverso l'obiettivo, un attimo prima dello scatto.
Dunque, scattare con leggerezza e pubblicare sui social in modo superficiale, ci può portare inevitabilmente a sottovalutare, trascurandola, la qualità della nostra comunicazione.

Con queste considerazioni Fabrizio Toscan, esperto in fotografia e nostro collega, mercoledì 20 aprile ha introdotto il tema della serata, cercando con rapide ed efficaci "pennellate" di farci capire come rendere le nostre narrazioni fotografiche, sempre più coerenti con quanto vogliamo comunicare.
La necessità di una narrazione corretta del nostro essere volontari di Protezione Civile, ci suggerisce in primo luogo, che anche davanti all'obiettivo, i nostri comportamenti (sia operativi che ludici) devono sempre essere improntati a criteri di equilibrio, buon gusto, correttezza, evitando "sbracamenti", atteggiamenti inutilmente autocelebrativi o da "gladiatori", privilegiando possibilmente l'aspetto dell'essere "una squadra".
Indossare la divisa, ci impone infatti la fedeltà ad uno stile che in fondo è "sostanza" perché è quanto le persone conoscono di noi e si aspettano da noi che siamo "quelli della Protezione Civile".

Anche una maggiore conoscenza delle tecniche fotografiche di base, può aiutarci nella narrazione e documentazione delle nostre attività.
Per esempio, su scenari operativi classici, come la vigilanza sul Calvanella o il monitoraggio arginale, utilizzare il grandangolo può fornire maggiori informazioni sulla tipologia di questi due servizi, contestualizzandone bene le dinamiche. Viceversa l'utilizzo di una focale lunga, astraendoci dal contesto più generale, può permettere di concentrarci meglio sul singolo volontario e la sua specifica operatività.
In altri scenari più delicati, come la campagna invernale a favore dei senza fissa dimora, l'utilizzo della macchina fotografica allo stesso livello delle persone che vogliamo riprodurre, può trasmettere attraverso la foto, una "vicinanza" che è prima di tutto umana, ispiratrice di questo servizio. Cosa che non avviene per foto dall'alto verso il basso, perché tenere alzata la macchina, produce uno "schiacciamento" dell'immagine che trasmette una sorta di messaggio di inferiorità inopportuno per persone che già di loro vivono quella condizione disagiata.

Dunque, piccoli ma importanti suggerimenti quelli di Fabrizio Toscan, attraverso i quali conciliare "tecnica" e "sensibilità" per rendere le nostre foto sempre più rappresentative di quella scelta valoriale che tutti noi abbiamo condiviso entrando in Protezione Civile.

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