Vivere il fiume con rispetto e consapevolezza

Tutta la storia dell’umanità si è sempre sviluppata lungo i fiumi che hanno garantito sviluppo e ricchezza, ma anche pericoli e distruzioni come ben sintetizzato dalle bibliche “Piaghe d’Egitto”, rielaborazione mitica di tragici eventi naturali.
Senza voler fare paragoni inappropriati con “campioni” del calibro del Nilo, Tigri o Eufrate, anche nel nostro territorio, Secchia, Panaro e vari altri torrenti, hanno sempre garantito una preziosa riserva di acqua e conseguentemente la nostra gente, ha avuto con loro un legame molto stretto, basato su un profondo “rispetto-consapevolezza dei pericoli”; rapporto che negli ultimi decenni evidentemente si è perso a giudicare dal numero sempre maggiore di incidenti verificatisi sui fiumi. L'ultimo, ma solo in ordine temporale, il ragazzo di 19 anni affogato nell'Enza pochi giorni fa.
In questo senso, parlare di “rischio fluviale” torna di stringente attualità per fare prevenzione e favorire una maggiore consapevolezza in coloro che ancora oggi vogliono avvicinarsi al fiume come ambiente di vita alternativo alla città o, più semplicemente, ricercano in esso refrigerio dalla calura estiva.
È con questo spirito che Gianluca Ugoletti (Coordinatore della Squadra di Sicurezza Fluviale "Le Nutrie") ha svolto il suo articolato intervento, sabato 29 giugno, nella cornice ospitale della Moschea di Via delle Suore.

Un primo rischio, quasi mai considerato, è sicuramente lo sbalzo termico (che gli esperti chiamano “idrocuzione”) tra il nostro corpo, accaldato da temperature esterne che arrivano anche a 38 e più gradi, e l’acqua che può essere molto più fredda (10/15 gradi), soprattutto se in montagna ha piovuto. Si determina uno choc termico che svuota i polmoni, li asciuga, si perde il potere di galleggiabilità e si tende ad andare a fondo.

Altro rischio sottovalutato, è rappresentato dai tuffi, soprattutto se in prossimità delle cascate: non avendo la percezione precisa della profondità dell’acqua, è un piacere che può costare molto caro.
È importante sapere che in Emilia Romagna è vietato fare il bagno nei fiumi non per una legge che ne vieta la balneazione, ma perché Arpae non garantisce la salubrità dell’acqua in quanto non è possibile campionarla dalla sorgente alla foce.

Ma i pericoli maggiori sono rappresentati dal gorgo e dal rullo, perché causati dalla forte energia cinetica di un fiume.
Il gorgo può essere naturale e formarsi in prossimità dei ponti 5/6 metri dopo il pilone, o artificiale, nei manufatti costruiti dall’uomo: in entrambi i casi può facilmente trascinare un bagnante. Bisognerebbe affidarci al nostro sangue freddo e al nostro senso di sopravvivenza, per non opporci alla sua forza, ma lasciarci risucchiare fino al fondo del corso d’acqua là dove la sua energia si esaurisce e dunque è possibile uscirne, riemergendo. Sempre che ci rimanga sufficiente aria nei polmoni.

Il rullo è un potentissimo vortice che si forma, anche con poca acqua, ad esempio in prossimità delle cascate artificiali (come briglie o manufatti in genere costruiti dall’uomo): se si è afferrati, non se ne esce più se non deceduti. La sua energia è talmente potente che fa sì che l’acqua vada addirittura contro corrente risucchiando chiunque oltrepassi una linea detta linea di bolle. Inoltre all’interno si forma una schiuma che causa annegamento da aereosol ovvero si respira acqua sotto forma di vapore.
Il rullo è un vero e proprio mangia-uomini.

Gianluca Ugoletti nella sua esposizione, ha più volte sottolineato che “dove la corrente genera schiuma, là c’è il massimo pericolo”: una semplificazione molto utile come “chiave di lettura” del rischio fluviale.

Ma anche le sabbie, soprattutto se depositate sul fondo, dopo un’alluvione, insieme a fango e altri detriti, possono essere un grande pericolo, formando una base collosa e cedevole che imprigiona i nostri piedi. Lo stesso vale per rami e tronchi che possono dare vita a “colini” nei quali l’acqua passa ma l’uomo no, rimanendovi incastrato, ma anche per la corrente perché bastano 30 centimetri d’acqua per essere trascinati via: già all’altezza delle nostre caviglie, ha una forza di 100 chili!

Ed infine fare sempre molta attenzione alla segnaletica, presente sulle rive, che ci avverte sul pericolo di “manovre idrauliche” e al rumore che improvvisamente ed in misura crescente possiamo avvertire: può anticipare un repentino aumento della portata del fiume (dovuto a piogge in montagna) che trascina con sé fango, detriti, arbusti e tanto altro.

Concludendo, oltre alla forte raccomandazione di evitare le situazioni descritte e al consiglio di portare sempre con noi una corda sufficientemente robusta e lunga per salvare chi si viene a trovare in situazioni critiche, rimane l’atteggiamento più importante che dobbiamo recuperare e diffondere: guardare ai fiumi con grande rispetto e consapevolezza dei pericoli in esso presenti.

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